La storia inizia in un pomeriggio del 1976, quando nel cortile di una casa della valle Varaita l’anima rock di Sergio Berardo posa lo sguardo su alcuni strumenti musicali tradizionali. Lì il diciassettenne tifoso del Torino residente a Caraglio intraprende un percorso di iniziazione che quattro anni dopo vedrà nascere Lou Dalfin, un gruppo inizialmente folk ma destinato a diventare ben altro: una band di primo piano della scena indipendente internazionale, destinata a vincere la Targa Tenco, a conquistare grandi festival e centri sociali di sentimento metropolitano; e al tempo la formazione di maggior fama della musica e della cultura occitane in Europa.
Sergio Berardo
Foto: Doriano Mandrile
Come gli antichi “trovatori” erano soliti esibirsi facendo da ambasciatori delle prime culture Europee, Sergio Berardo canta nella tradizionale lingua “d’Oc” e porta la cultura occitana in giro per il mondo, lo fa dal 1982 con i Lou Dalfin, la band da lui fondata e capitanata. Con quest'approccio vengono registrati due LP: "En franso i ero de grando guero" nel 1982 e "L'aze d'alegre" nel 1984. Dopo uno stop di 5 anni, Lou Dalfin "resuscita" nell'autunno del 1990: Sergio riunisce attorno a sé vari musicisti delle più diverse estrazioni musicali - folk, jazz e rock. L'inizio di questa seconda esperienza ha rappresentato il naturale momento di transizione del gruppo dalla formula acustica a quella attuale.
Accanto agli strumenti più tipici della tradizione - vioulo, pivo, armoni a semitoun, pinfre, arebebo, viouloun, ecc. – vengono introdotti basso, batteria, chitarra e tastiere. È il nuovo suono, che cela un ideale e un fine esplicito: rendere la tradizione occitana fruibile dal maggior numero di persone, perché le radici culturali di pochi divengano patrimonio di tutti. Nel 1991 esce “W Jan d’l’Eiretto”, il disco testimone del nuovo corso.
Foto: Doriano Mandrile
Assieme agli innumerevoli concerti nelle regioni occitane del Piemonte, il gruppo inizia ad esibirsi in altre zone in Italia e all’estero, specialmente nelle regioni occitane francesi.
Siamo nel pieno degli anni ’90 e in Italia si assiste al boom della musica indipendente. Le major finalmente si accorgono che esiste una musica “altra” e alcuni generi fino ad allora elitari possono raggiungere una nuova visibilità. Lou Dalfin si colloca a pieno diritto in questo filone e pubblica “Gibous, Bagase e Bandì”, prodotto da Madaski nel 1995, il live con i baschi Sustraia “Radio Occitania Libra” nel 1997 e “Lo Viatge” nel 1998.
Nel 2001 il gruppo dà alle stampe il suo primo best of “La Flor de Lo Dalfin” ma uno dei momenti più importanti dell’intera storia di Sergio Berardo e la sua band arriva nel 2004 con l’uscita de “L’Oste del Diau” che ottiene la Targa Tenco per il miglior album in dialetto, lo stesso premio assegnato per la prima volta a Fabrizio De André con “Creuza de ma”.
Nel 2007 Lou Dalfin festeggia i 25 anni di attività e fa uscire “I Virasolelhs”, secondo capitolo di quella che si potrà definire una trilogia. Nel 2008 Lou Dalfin apre il suo studio alla Feel Good Productions per rivisitare in chiave dancefloor alcuni dei suoi più recenti brani.
Oltre a remixare due tracce i FGP dirigono la produzione artistica del progetto “Remescla” coinvolgendo alcuni dei più interessanti produttori di Global Vibes da ogni parte del mondo. A prima vista sembrerebbe un’operazione azzardata, invece non è altro che un nuovo percorso sulla strada della sperimentazione che da sempre ha caratterizzato il gruppo.
A fine 2011 esce “Cavalier Faidit“ che chiude la trilogia iniziata nel 2004 con “L’Oste del Diau“. Il disco ufficializza quello che è ormai il brevetto di Lou Dalfin: il ballo-canzone, canzoni da ballare, balli da ascoltare, a riprova dell'importanza che hanno assunto i testi dei brani che danzano paralleli alle musiche.
Da quel momento il gruppo intraprende un tour che finirà soltanto nel novembre 2015 dopo innumerevoli tappe in Italia, Francia e Spagna.
Nel 2016 esce Musica Endemica, di nuovo realizzato con la produzione di Madaski e partono i primi esperimenti che porteranno alla formazione del progetto Gran Bal Dub.
È la magia della musica ribelle, dei suoni che non si arrendono alla logica di genere, alla dicotomia tra tradizione e innovazione. È il segreto del ballo/canzone, un genere nuovo, in cui chiunque può scegliere se seguire semplicemente il ritmo della giga, del rigodon, della farandola, della scottish e delle altre danze tradizionali, da ballare in modo liturgico o alla meglio, oppure farsi sedurre dalle storie scure e di festa, dalla poetica ormai universalmente riconosciuta di Berardo.
Con oltre 1.300 concerti e 12 album ha conquistato i festival e le piazze rock e folk di tutta Europa e i principali club italiani coinvolgendo gente che vuole fare festa e gente che vuole cantare, ballare. Bere e mangiare. Emozionarsi e/o ascoltare in silenzio. Perché Sergio Berardo interpreta la cultura occitana come ognuno di noi preferisce viverla. È la sua ragione di essere. La ragione della musica popolare.